Gli inizi degli anni 2000, per quanto riguarda i principali marchi storici motociclistici italiani, si aprono davvero ricchi di prospettive. L'Aprilia, capitanata dal presidente Ivano Beggio, è ormai considerata un solido pilastro dell'industria motociclistica italiana e gli acquisti di marchi storici come Moto Guzzi (in grave crisi finanziaria) e Laverda rappresentano una ritrovata speranza per gli appassionati di queste motociclette dal passato glorioso.
L'espansione dell'Aprilia si consolidò dopo il 1998 e la splendida sportiva RSV Mille, entrata in produzione in quell'anno, contribuì non poco nel creare una solida reputazione alla casa di Noale per quanto riguarda lo sviluppo e la creazione di maxi moto.
Insomma i marchi acquistati erano in "buone mani" e la crisi che colpì l'azienda di Beggio qualche anno dopo era solo un incubo, peraltro im quel momento molto lontano dall'avverarsi soprattutto considerando gli ottimi fatturati che si registravano in quegli anni.
Insomma i marchi acquistati erano in "buone mani" e la crisi che colpì l'azienda di Beggio qualche anno dopo era solo un incubo, peraltro im quel momento molto lontano dall'avverarsi soprattutto considerando gli ottimi fatturati che si registravano in quegli anni.
Una gamma molto ampia che spaziava dalla Caponord alla Falco e un primo rinnovamento della gamma Guzzi con ritocchi estetici e tecnici alla V11 non bastarono alle mire espansionistiche del gruppo Aprilia, che decise di puntare anche sull'altro marchio acquistato, la Laverda.
Al Motorshow di Bologna del 2002 venne quindi presentata la SFC 1000, nuova punta di diamante del marchio di Breganze. Nell'ottica di una produzione imminente si decise quindi di riutilizzare un nome glorioso del passato Laverda (la sigla SFC sta per "Super Freni Competizione"), appartenuto ad una splendida bicilindrica che si affermò in varie competizioni del mondiale Endurance, e di abbinarlo ad un propulsore già presente "in casa", il twin Rotax-Aprilia a V di 60° di 998 cc e quattro valvole per cilindro, già utilizzato per varie moto Aprilia, tra cui RSV Mille, Falco, Caponord e Futura.
Al Motorshow di Bologna del 2002 venne quindi presentata la SFC 1000, nuova punta di diamante del marchio di Breganze. Nell'ottica di una produzione imminente si decise quindi di riutilizzare un nome glorioso del passato Laverda (la sigla SFC sta per "Super Freni Competizione"), appartenuto ad una splendida bicilindrica che si affermò in varie competizioni del mondiale Endurance, e di abbinarlo ad un propulsore già presente "in casa", il twin Rotax-Aprilia a V di 60° di 998 cc e quattro valvole per cilindro, già utilizzato per varie moto Aprilia, tra cui RSV Mille, Falco, Caponord e Futura.
La SFC 1000 divise immediatamente gli appassionati: chi la trovò semplicemente una diversa RSV Mille e chi invece la definì una moto appropriata per il nuovo corso Laverda.
Tecnicamente il propulsore della SFC 750 era un bicilindrico parallelo completamente progettato in Italia, mentre il nuovo propulsore a V nacque in collaborazione con partner esterni (Rotax e Aprilia) e soprattutto, in quel momento, era usato da altre moto. Questo bastò a far storcere il naso ai puristi delle due e tre cilindri arancioni e a definire la SFC 1000 una banale operazione di marketing.
La "contaminazione" non fu ammessa. Non con un marchio così glorioso.
Tecnicamente il propulsore della SFC 750 era un bicilindrico parallelo completamente progettato in Italia, mentre il nuovo propulsore a V nacque in collaborazione con partner esterni (Rotax e Aprilia) e soprattutto, in quel momento, era usato da altre moto. Questo bastò a far storcere il naso ai puristi delle due e tre cilindri arancioni e a definire la SFC 1000 una banale operazione di marketing.
La "contaminazione" non fu ammessa. Non con un marchio così glorioso.
La SFC 1000 venne equipaggiata con l'allora ultima evoluzione del V60. Il propulsore a carter secco era in grado di erogare ben 140 cv all'albero ed inoltre molteplici erano le novità tecniche introdotte sul bicilindrico destinato alla Laverda: gli scarichi erano interamente costruiti in titanio, la candela era una sola per cilindro al posto delle due "classiche", e i pistoni erano dotati di uno speciale trattamento al molibdeno.
Ciclisticamente la SFC 1000 era davvero innovativa: il telaio era costruito in tubi d'acciaio al cromo-molibdeno saldati al TiG e uniti a piastre in alluminio ricavate dal pieno. Il forcellone in alluminio era anch'esso ricavato dal pieno. La particolarità di questa ciclistica risiedeva nel posizionamento dell'ammortizzatore posteriore, montato asimettricamente sul lato sinistro della moto (questa soluzione tecnica è stata adottata ultimamente anche su altre moto di impostazione non estrema, quali ad esempio Kawasaki ER-6N e Aprilia Shiver e Dorsoduro, che hanno però l'ammortizzatore sul lato destro).
I cerchi Marchesini, i freni Brembo ad attacco radiale, la forcella trattata al TIN e il monoammortizzatore, entrambi marchiati Ohlins, contribuivano a rendere questa realizzazione davvero elitaria ed esclusiva.
I cerchi Marchesini, i freni Brembo ad attacco radiale, la forcella trattata al TIN e il monoammortizzatore, entrambi marchiati Ohlins, contribuivano a rendere questa realizzazione davvero elitaria ed esclusiva.
La prima serie di questa moto, la più prestigiosa e in tiratura limitata, doveva essere destinata ad un pubblico facoltoso che avrebbe dovuto sborsare circa 25000 euro per accaparrarsi uno dei 549 esemplari di questa bicilindrica. Il numero di produzione non era casuale ma lo stesso delle SFC 750 prodotte negli anni '70.
Fu prevista anche la produzione di una versione più economica che avrebbe avuto il compito di far "riemergere" in modo effettivo il marchio.
I problemi avuti in seguito dall'Aprilia, ma anche il rilancio più difficile del previsto del marchio Guzzi, contribuirono all'accantonamento di questo prototipo che era destinato ad emulare il percorso di industrializzazione della Mv Agusta F4 750.
Fu prevista anche la produzione di una versione più economica che avrebbe avuto il compito di far "riemergere" in modo effettivo il marchio.
I problemi avuti in seguito dall'Aprilia, ma anche il rilancio più difficile del previsto del marchio Guzzi, contribuirono all'accantonamento di questo prototipo che era destinato ad emulare il percorso di industrializzazione della Mv Agusta F4 750.
Personalmente, nonostante la moto la ritengo molto personale (adoro la splendida curvatura dei silenziatori, le saldature degli stessi e l'idea che contribuiscano in modo determinante a formare il codino della moto), sono più propenso a catalogarla come una "RSV Mille arancione" (seppur con un diverso telaio) che non come una vera Laverda.
E voi?
E voi?
Francè
PS: la SFC senza fari è quella riferita alla prima presentazione e dotata di mezza carena, che avrebbe dovuto equipaggiare, in seguito, il modello di serie più economico. Successivamente, quasi pronta per l'industrializzazione finale, la SFC "costosa" venne presentata nel 2003 con tutti gli accessori consoni ad un utilizzo stradale e con la carenatura integrale.
Laverda SFC 750:

Laverda SFC 1000 Concept 2002:




Laverda SFC 1000 Pre-Production 2003:







Foto: cmmilanese, Mc News, Motorbox, Infomotori e Motorcycle Daily
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